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Shopping on line senza pericoli: a cosa prestare attenzione?

Nel corso delle festività natalizie, gli italiani hanno manifestato una chiara preferenza per gli acquisti online, tanto che si è registrato un aumento del 23% di questa modalità rispetto al 2022. Tale tendenza ha determinato un incremento del 5% della spesa pro-capite, consolidando il ruolo preminente degli acquisti digitali.

Secondo i dati forniti dalla banca online N26, le transazioni online hanno costituito il 42% delle operazioni effettuate durante lo shopping natalizio del 2023, con una spesa media sul web in crescita del 24% rispetto all’anno precedente.

I rischi in occasione dei saldi

Con l’avvio della stagione dei saldi invernali, che si protrarrà per alcuni mesi, i consumatori si preparano a un’attiva fase di shopping sia nei negozi fisici sia online. Tuttavia, se da un lato gli acquisti online offrono comodità, dall’altro comportano il rischio di truffe e frodi. Il team Trust & Safety di N26 ha pertanto condiviso una serie di utili suggerimenti per evitare le truffe online più diffuse.

Prima di comprare

Durante la fase di acquisto, è essenziale preferire negozi affidabili e noti, specialmente quelli che utilizzano tecnologie avanzate per la sicurezza delle transazioni. Attenzione deve essere posta ai negozi falsi, riconoscibili da offerte eccessivamente vantaggiose e da segnali come bassa qualità delle immagini, errori grammaticali e recensioni poco credibili.

La presenza del lucchetto SSL nella barra dell’indirizzo web indica che il sito è protetto e cifra le informazioni personali. Controllare regolarmente l’estratto conto bancario è altresì consigliato per individuare tempestivamente eventuali transazioni fraudolente.

Dopo l’acquisto

Successivamente all’acquisto, è fondamentale osservare attentamente la formattazione e il contenuto di eventuali messaggi di posta elettronica o SMS, evitando di rispondere a comunicazioni sospette.
L’attenzione deve essere rivolta anche all’indirizzo e-mail o al numero del mittente, verificando la coerenza con l’identità dichiarata. Il linguaggio coercitivo o urgente nei messaggi, che invita a compiere azioni istantanee, è spesso indicativo di truffe.

Quando contattare la banca

In caso di sospetto, il consiglio principale è contattare immediatamente la propria banca. Solo adottando precauzioni adeguate, lo shopping online può rimanere un’esperienza piacevole, consentendo di beneficiare di sconti e promozioni durante questa stagione dell’anno.

YouTube: in arrivo nuove regole per deepfake e contenuti generati con l’AI

D’ora in avanti chi carica un video su YouTube dovrà indicare chiaramente quali contenuti sono stati realizzati con l’Intelligenza artificiale. Le conseguenze per chi non etichetta correttamente i contenuti potrebbero comportare la rimozione del video, la sospensione dell’account o la demonetizzazione.

La piattaforma di video musicali e non ha introdotto nuove linee guida per la gestione dei contenuti generati tramite Intelligenza artificiale, in particolare, i deepfake.
Le nuove norme si dividono in due categorie principali, una più rigida, volta a tutelare i partner dell’industria musicale della piattaforma, e un’altra meno restrittiva, applicabile al resto degli utenti.

Ma cosa è “realistico”?

L’azienda ha chiarito che i creatori dovranno etichettare i contenuti realistici generati dall’AI, rendendo esplicito immediatamente che sono stati realizzati con l’Intelligenza artificiale, soprattutto se riguardano contesti delicati come le elezioni politiche o situazioni di conflitto attuali.
Queste etichette saranno visibili nelle descrizioni dei video e direttamente sui video stessi, nel caso di materiale sensibile.

La definizione di “realistico” da parte di YouTube però non è ancora stata precisata. Tuttavia, il portavoce Jack Malon ha indicato che l’anno prossimo, quando questa politica entrerà in vigore, verranno fornite indicazioni più dettagliate, complete di esempi.

Cosa succede nel caso di deepfake satirici?

Resta incerto, però, come YouTube possa identificare con certezza i video generati dalla AI non etichettati, considerando che gli attuali strumenti di rilevamento sono ancora poco affidabili.
La situazione si complica ulteriormente per i video che utilizzano deepfake per simulare persone reali, come nel caso della loro voce o del loro volto.

YouTube permetterà le richieste di rimozione tramite un modulo esistente, ma valuterà diversi fattori, ad esempio, se il contenuto è una parodia o una satira o se l’individuo rappresentato nel video è un personaggio pubblico.
Ma per i contenuti musicali generati da AI che imitano la voce cantata o parlata di un artista, non saranno ammesse eccezioni per parodia e satira. I canali che producono ‘coperture’ AI di artisti vivi o deceduti potrebbero comunque vedere i loro contenuti rimossi, riporta Adnkronos.

“Mantenere un sano ecosistema di informazioni”

Negli ultimi tempi, attori come Tom Hanks e Scarlett Johansson hanno intentato cause contro software di Intelligenza artificiale che avevano sfruttato i loro volti e voci per realizzare spot pubblicitari senza permesso.

La novità potrebbe quindi segnare un passo importante verso la tutela del copyright e il suo rapporto con l’AI, riferisce Ansa. “Crediamo sia nell’interesse di tutti mantenere un sano ecosistema di informazioni su YouTube – si legge sul blog della piattaforma -. Abbiamo politiche di lunga data che vietano i contenuti tecnicamente manipolati che ingannano gli spettatori, e che possono rappresentare un rischio di danno grave”.

Musei e recensioni web: il giudizio dei visitatori è positivo

L’offerta museale italiana è estremamente interessante per i visitatori, che apprezzano il notevole valore artistico, storico e didattico delle collezioni. 
Oggi sempre più persone condividono le opinioni sulle proprie esperienze, e utilizzano le recensioni web come bussola nei processi decisionali. E le valutazioni online sull’esperienza di visita nei musei riflettono un giudizio complessivamente positivo.

L’esperienza museale, infatti, non solo arricchisce culturalmente e intellettualmente i visitatori, ma suscita anche emozioni, stupore e meraviglia, confermando il fascino intramontabile del patrimonio artistico italiano. A livello emotivo, sono le aree archeologiche a possedere la maggiore capacità di trasportare ed elevare gli individui.

Indicazioni strategiche per le attività di marketing 

Emerge da una ricerca di BVA Doxa, che ha raccolto e analizzato oltre 45.000 review testuali di 25 musei italiani, presenti su Google Maps e Tripadvisor, prodotte dagli utenti italiani e stranieri tra giugno 2022 e giugno 2023. Grazie all’approccio VoX – Voice of the eXperience gli analisti BVA Doxa utilizzano le potenzialità dell’Intelligenza artificiale e le competenze della ricerca per esaminare grandi quantità di feedback e recensioni.

Questo strumento consente di esplorare in profondità le esperienze dei visitatori e svelare il significato di ogni valutazione testuale lasciata in rete, fornendo così indicazioni strategiche e di scenario fondamentali per le attività di marketing e comunicazione di musei, palazzi storici e aree archeologiche.

Sovraffollamento e segnaletica i punti critici 

I dati emersi dalla ricerca confermano quindi la quasi unanime ammirazione per il patrimonio artistico italiano, con qualche riserva in presenza di aree inaccessibili (per le aree archeologiche), chiusure al pubblico (spesso lamentate nei musei d’arte), aree spoglie o in fase di manutenzione (per le Regge). Tuttavia, il vero punto critico emerso riguarda l’organizzazione interna, un aspetto trasversale a molti musei, a eccezione di quelli tematici, che ottengono maggiori valutazioni positive in questo ambito.

Gli utenti sono molto critici sulla gestione dei musei d’arte e delle aree archeologiche, evidenziando problemi come sovraffollamento e flussi mal gestiti, oltre a una segnaletica internapoco chiara che rischia di disorientare i visitatori.

QR code e app ancora poco utilizzati

Anche la digitalizzazione, potenziale facilitatore nella fruizione delle opere, risulta carente. I supporti digitali come i QR code o le app sono ancora scarsamente utilizzati, a eccezione dei musei tematici, che si distinguono per una maggiore interattività.

Gli aspetti positivi emergono dalle location, che confermano l’importanza e il prestigio del patrimonio artistico italiano, mentre i prezzi dei biglietti non rappresentano né una discriminante né un deterrente, seppur le politiche di sconti appaiono molto apprezzate.
Solo secondari nella valutazione complessiva i servizi aggiuntivi, come bar/ristoranti/bookshop, che restano comunque distintivi laddove gestiti e offerti in modo adeguato.

Cybersecurity e sostenibilità: le best practice di un’interazione

Oggi la cybersecurity dovrebbe essere ripensata secondo logiche diverse, che comprendano tutto l’ecosistema della sicurezza digitale. La sicurezza informatica non riguarda più soltanto le infrastrutture digitali, ma anche le persone e le cose. Un attacco informatico di una certa portata può infatti avere drammatici effetti a cascata su un’intera comunità, dalle istituzioni ai cittadini. Si pensi, ad esempio, alle possibili interruzioni di servizi fondamentali come le telecomunicazioni o altri pubblici servizi. Sostenibilità e cybersecurity hanno quindi un forte legame. E appare sempre più necessario mettere in atto best practice che agiscano sulle persone, oltre che sui processi, per migliorare la sicurezza nel suo complesso.

Logiche ESG per combattere i cyber rischi 

In termini di obiettivi ESG, migliorare la sicurezza di un’organizzazione significa renderla più efficiente e quindi più sostenibile. Ma per fare ciò non è sufficiente dotarsi di una policy aziendale sulla sicurezza, bisogna metterla in pratica sia con azioni concrete di sorveglianza e manutenzione fisica delle strutture, sia con precise politiche di sicurezza e controllo basate su standard validi a livello internazionale. In tal modo, la standardizzazione della cybersecurity agevolerebbe l’operato delle aziende, facendola di fatto rientrare tra le logiche ESG.
D’altronde la sostenibilità altro non è che l’utilizzo delle risorse secondo i propri bisogni attuali ma senza esaurirle. Lo stesso vale nell’ambito della sicurezza informatica. La sostenibilità si raggiunge nella riduzione dei cyber rischi, minimizzando i costi e massimizzando l’efficacia dei processi.

Un cambio di approccio nei processi aziendali

Anche il World Economic Forum ha sottolineato come la cybersecurity sia da considerare un elemento ESG. Prima di tutto perché la maggioranza (90%) del valore patrimoniale delle organizzazioni non è di natura fisica. Secondo, tutte le organizzazioni hanno aumentato decisamente le transazioni digitali con conseguente impennata dei crimini informatici. Terzo, è preferibile migliorare i livelli di sicurezza informatica piuttosto che spendere capitali per porre rimedio ai danni causati.
Insomma, meglio prevenire che curare. Ma il processo di consolidamento tra sostenibilità e cybersecurity prevede una serie di best practice che spesso implicano un cambio di approccio da parte di diversi attori coinvolti nei processi.

Aggiornare le skills informatiche delle persone

Tra le best practice, rientrano il mantenimento di politiche di sicurezza dei dati da parte delle organizzazioni, l’aggiornamento delle competenze in ambito cybersecurity di dipendenti e collaboratori, e l’impegno nella gestione di piani di valutazione dei rischi e di piani di continuità.
In particolare, l’aspetto dell’aggiornamento delle skills informatiche risulta a oggi spesso solo formale, con un coinvolgimento attivo marginale delle persone.
Al contrario, riporta Adnkronos, il ruolo e i comportamenti di ognuno di noi sono importanti per arginare il fenomeno dei crimini informatici, e raggiungere una sinergia tra cybersecurity e sostenibilità, in azienda come a livello globale.

e-commerce: gli italiani continuano ad acquistare online, anche con l’inflazione

Il 2022 verrà ricordato come l’anno del prepotente ritorno dell’inflazione, di una situazione geopolitica internazionale incerta e di un conseguente ridotto potere d’acquisto da parte dei consumatori. Non sorprende, quindi, che rispetto al 2021 la quota dei cosiddetti acquirenti intensivi, ovvero quelli che fanno acquisti online almeno una volta alla settimana, sia calata di oltre due punti percentuali. In ogni caso, anche nel post Covid il 61% dei consumatori italiani continua a effettuare un acquisto online almeno una volta al mese, e il 24% una volta alla settimana. È quanto emerge dal Report annuale sull’e-commerce italiano pubblicato da idealo, il portale internazionale di comparazione prezzi.

Sul podio elettronica, moda & abbigliamento e scarpe 

Negli ultimi tre mesi, il 43% degli utenti online ha acquistato un prodotto di elettronica, uno del settore moda & abbigliamento (41%) e uno relativo al comparto delle scarpe (33%). Oltre il podio, registrano ottimi risultati anche il settore bellezza & profumi (32%), giocattoli & gaming (26%), medicine e prodotti per la salute (25%) e food & beverage (21%). Completano la top ten, il settore pet (20%), sport & outdoor (16%) e arredamento & giardino (15%). Confrontando i dati 2021 con il 2022 si evidenzia come ogni settore abbia fatto registrare una crescita di interesse, a partire da giocattoli & gaming (+78%), bambini & neonati (+59%) prodotti per animali (+52%), elettronica (+35%) e arredamento & giardino (+33%).

Chi compra online e cosa?

Nell’ultimo mese circa l’80% delle donne ha effettuato un acquisto tramite e-commerce, a fronte del 78% degli uomini. I settori online di maggiore interesse per il mondo maschile sono quello dell’elettronica (53%), scarpe & sneakers (32%) e moda & accessori (32%). Per l’universo femminile, moda & accessori (52%), prodotti per bellezza & profumi (46%) e scarpe & sneakers (34%).
La fascia di età più attiva è quella tra 35-44 anni, di cui oltre l’86% ha fatto almeno un acquisto online nell’ultimo mese. Seguono 44-55enni (85%), 25-34enni (76%), over 55 (75%) e i giovanissimi tra 16-24 anni (65%). L’elettronica di consumo, riporta Ansa, è la categoria con più acquisti online per le persone dai 25 anni in su, mentre gli under 24 danno più importanza a moda e accessori.

Se aumentano i prezzi confrontare equivale a risparmiare

Analizzando le oltre 2000 categorie di prodotto presenti sul portale italiano di idealo emerge che negli ultimi tre anni circa 1.200 categorie hanno registrato un costo medio più alto. Grazie all’andamento del prezzo di ogni prodotto idealo ha stimato le fluttuazioni per le categorie con il maggior numero di intenzioni di acquisto. In particolare, chi ha acquistato schede video nel 2022 ha ottenuto un risparmio medio superiore al 30% nell’arco di un anno, mentre chi ha comprato televisori e console di gioco ha sperimentato risparmi medi superiori al 20%. Per fotocamere digitali, tablet, notebook, smartphone e lavatrici i ribassi sono stati superiori al 15%, e per giacche, frigoriferi, profumi, stampanti e aspirapolvere superiori al 10%.

Tutti fan delle emoji: anche nelle comunicazioni di lavoro

Secondo un recente sondaggio condotto da Skebby.it, più del 42% dei rispondenti ha dichiarato di utilizzare le emoji anche nelle comunicazioni di lavoro, mentre solo il 3% le utilizza in mail destinate ai clienti e partner commerciali. Le emoji, create per i primi clienti di telefonia mobile giapponesi alla fine degli anni ’90, sono diventate sempre più popolari grazie all’uso diffuso degli smartphone e dei social media. Inizialmente utilizzate principalmente per esprimere emozioni e stati d’animo nelle conversazioni con amici e familiari, ora le emoji sono diventate un elemento comune nelle comunicazioni professionali. Insomma, faccine, simboli, animaletti e piccoli disegni fanno ormai parte della nostra vita quotidiana e delle più diverse forme di comunicazione digitale.

Obiettivo: rendere i messaggi più coinvolgenti

Il crescente utilizzo delle emoji nel mondo del lavoro è dovuto alla diffusione della messaggistica istantanea e degli SMS. Questi ultimi, in particolare, stanno vivendo una seconda giovinezza nell’ambito professionale. In questo contesto, le emoji possono essere utilizzate per rendere i messaggi più coinvolgenti ed efficaci, ad esempio per inviare promemoria di appuntamenti, conferme di spedizioni, password temporanee, e comunicazioni di marketing.

Quanto e con chi si usano

il 42% degli intervistati dichiara di utilizzare emoji anche quando invia messaggi ed e-mail ai colleghi e il 3% afferma di farlo anche nelle e-mail a clienti e business partner. Ne va da sé che con una buona penetrazione anche nel mondo professionale le emoji non possono che essere utilizzatissime nella sfera privata e, infatti, dal sondaggio emerge come sia ben il 77% ad avvalersene nelle conversazioni con la famiglia e addirittura l’84% nelle comunicazioni con gli amici. nel sondaggio della piattaforma che offre servizi professionali di mobile marketing & service solo il 7% degli intervistati ha dichiarato di non utilizzare mai le emoji.

Non piacciono proprio a tutti

Tuttavia, non tutti sono entusiasti dell’uso delle emoji sul posto di lavoro. Alcuni ritengono che possano essere poco professionali e che soprattutto possano causare malintesi. È quindi importante fare attenzione a come si utilizzano le emoji e ad assicurarsi che siano appropriate per il contesto e la persona con cui si sta comunicando. In generale, comunque, sembra che le emoji siano qui per restare, sia nella vita personale che professionale. Anzi, se ne aspettano sempre di nuove…

Bambini europei a rischio online: forse sopravvalutano le loro conoscenze?

Quali sono le conoscenze dei bambini europei in merito alla sicurezza online? Risponde la ricerca di Kaspersky Troppo sicuri e troppo esposti: i bambini sono sicuri online? condotta da Censuswide su 6.382 bambini, di cui 1.013 in Italia, e 6.665 adulti (1.000 in Italia) in 8 Paesi europei.La ricerca ha chiesto agli intervistati quali fossero le loro conoscenze in materia di sicurezza online, se sapessero cosa fosse un tentativo di phishing, quante informazioni condividessero online e a chi si affidassero per identificare potenziali minacce. E dai risultati emerge che il 72% dei giovani intervistati non è in grado di identificare uno o più tentativi di phishing, e non sa distinguere un’email fasulla da una legittima. 

Eccessiva sicurezza e condivisione

Inoltre, il 39% dei bambini di 11-15 anni che dichiarano di essere informati sulla sicurezza online sono stati loro stessi vittime di phishing, evidenziando come i più piccoli sopravvalutino le proprie conoscenze in tema di sicurezza online esponendosi a rischi e pericoli. Nonostante molti giovani under 18 si ritengano ‘cyber aware’, la ricerca rivela poi che oltre la metà (55%) ammette ancora di inserire informazioni personali come il proprio nome e la data di nascita sui social media. E il 54% dichiara che sarebbe anche disposto a rivelare il nome del proprio animale domestico (spesso usato come password) e del programma televisivo preferito.

Più formazione per tutte le generazioni

Questa ingenuità si scontra con il presunto livello di conoscenza informatica da parte dei più giovani: giochi e quiz online sono spesso utilizzati dai criminali informatici come strumenti per raccogliere quante più informazioni possibili sugli utenti. Ma meno della metà (42%) degli adulti intervistati sta aiutando i propri figli o i più giovani a identificare le truffe di phishing. Infatti, il 40% degli adulti coinvolti nella ricerca, per loro stessa ammissione, non è affatto informato quando si tratta di sicurezza online, e quasi un quinto (19%) ammette di essere stato vittima di truffe di phishing, percentuale che aumenta in Italia, raggiungendo il 32%. Questo suggerisce la necessità di una maggiore formazione e informazione online per tutte le età, per aiutare ogni generazione a sentirsi al sicuro in rete.

“La conoscenza è potere, ma da sola non è sufficiente”

“La conoscenza è potere, ma da sola non è sufficiente quando si tratta di sicurezza online – dichiara David Emm, Principal Security Researcher Global Research and Analysis Team di Kaspersky -. I nostri risultati dimostrano che una preparazione parziale può essere molto pericolosa per i bambini. L’eccesso di sicurezza che abbiamo evidenziato nel report li espone a forti rischi di minacce online. Per questo motivo, la formazione sulla sicurezza online deve essere ampliata per comprendere anche i pericoli legati ai contenuti e al tipo di attacchi a cui siamo esposti ogni giorno online. L’educazione alla sicurezza informatica non può essere rivolta solo ai bambini, ma deve essere estesa anche alle generazioni più adulte”.

Stress da email: l’e-anxiety ha effetti sulla salute mentale

“Se il lavoro è l’ultima cosa a cui qualcuno pensa prima di andare a dormire, probabilmente c’è qualcosa che non va”, afferma William Becker, professore alla Virginia Tech University e coautore dii uno studio che ha esaminato l’effetto delle e-mail ‘di lavoro’ sul benessere delle persone.
Lo studio rivela che lo stress generato dalle e-mail, il cosiddetto e-anxiety, “colpisce psicologicamente i dipendenti e le persone a loro vicine”, riporta il Paìs.
I ricercatori hanno intervistato più di 400 dipendenti in diversi settori lavorativi, confermando che un controllo eccessivo della posta elettronica durante le ore non lavorative è dannoso per il benessere e le relazioni, e costituisce una sorta di allarme rosso per la salute psicologica.

Interruzioni del tempo libero che aumentano la sensazione d’ansia

“Ma anche solo pensarci è in sé dannoso – spiega Becker -: vedere il proprio capo controllare sempre la posta elettronica, sapendo che poi la invierà nel fine settimana o di notte, crea aspettativa. Quindi, non importa quale sia la politica aziendale o la legge – aggiunge il ricercatore -, se senti la pressione del tuo capo, questa avrà la precedenza su tutto il resto”.
L’effetto negativo di tutto ciò si trasmette inevitabilmente al partner o ai figli, in quanto l’interessato “non riesce a liberarsi completamente dal lavoro”, sottolinea Becker. E ciò accade più frequentemente durante il tempo libero o mentre si stanno svolgendo impegni personali o familiari. Insomma, si tratta di “interruzioni o distrazioni che aumentano nel dipendente conflitto e sensazione d’ansia”, e che si riverberano sull’ambiente circostante.

Un peso anche sui costi delle aziende

Un rapporto elaborato dalla società Fremap, che ha analizzato 380.000 assenze per malattia su un campione di 3 milioni di persone, mostra che tra il 2015 e il 2021 l’incidenza media dei processi di invalidità temporanea dovuta a disturbi mentali e comportamentali (Tmc) è aumentata del 17% per tutte le fasce di età.  Nel 2021, se si ignora l’impatto del Covid-19, le malattie mentali sono poi state la causa della richiesta del 15% dei giorni di riposo, la seconda causa più rappresentativa dopo i disturbi muscolo-scheletrici. Tutto ciò, oltre agli effetti sulle persone, pesa anche sui conti delle aziende. I processi di invalidità temporanea, sempre secondo lo studio, hanno infatti causato in Spagna “un costo medio salariale e contributivo di 2.053,36 euro a congedo nel 2021”, riporta AGI.

Come proteggersi dalla “cultura dell’immediatezza”

C’è un rimedio? Gli esperti concordano sul fatto che la velocità delle risposte sul lavoro fa parte della ‘cultura dell’immediatezza’ dei nostri tempi, e secondo gli autori dello studio il rimedio consiste in questo: “La percezione dell’urgenza non è necessariamente reale e può esser regolata”.
Quindi, è necessario imparare a distinguere tra ‘urgente’ e ‘importante’ e stabilire atteggiamenti che modulino il comportamento, “come scegliere razionalmente il momento della risposta, dosare l’accesso alle applicazioni e analizzare domanda e aspettative”, suggeriscono i ricercatori.

Cresce la spesa digitale dei professionisti: +3,8%

Nel corso del 2021 i professionisti italiani hanno investito complessivamente 1,76 miliardi di euro in tecnologie digitali, il +3,8% rispetto al 2020. Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale della School of Management del Politecnico di Milano.
Il dato è quindi positivo, nonostante per la prima volta in dieci anni l’incremento percentuale sia inferiore a quello evidenziato dalle aziende (+4,1%). Solo i grandi studi, prevalentemente del settore legale, hanno elaborato una strategia in grado di innovare il business attraverso le tecnologie più evolute, mentre la maggior parte degli studi professionali presenta modelli di business statici, che hanno indirizzato gli investimenti in digitale verso le esigenze contingenti, come l’adozione dello Smart working.

Gli studi multi professionali spendono di più

Una forte differenza si evidenzia infatti considerando le dimensioni degli studi professionali di avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro. Tra le micro realtà, l’11% non ha investito nulla in ICT e solo l’1% ha destinato più di 10mila euro, mentre tra gli studi piccoli, medi e grandi solo il 3% non ha investito in tecnologia e il 22% investe più di 10mila euro. Tra i diversi settori, gli studi multi professionali sono quelli che spendono di più per il digitale (in media 25.050 euro), in linea con il 2020. Gli avvocati hanno visto un aumento degli investimenti del +2,9% (8.950 euro medi), i consulenti del lavoro del +2,5 (10.350 euro), mentre i commercialisti hanno visto scendere gli investimenti in ICT del -5,4% (11.450 euro).

La collaborazione è un fattore chiave

A essere più penalizzati dalla pandemia sono soprattutto gli avvocati: solo per uno studio legale su due il 2021 è stato più favorevole del 2020. Al contrario, i provvedimenti del governo a sostegno delle attività economiche hanno incrementato l’attività di commercialisti, consulenti del lavoro e studi multidisciplinari, che nel 60% dei casi, hanno visto aumentare la redditività rispetto al 2020. Per rilanciare gli studi in termini economici e finanziari, la collaborazione o l’aggregazione con altre realtà è un fattore chiave. Quelli che realizzano in modo stabile collaborazioni con altri studi o realtà diverse per sviluppare business congiuntamente evidenziano una percentuale di redditività più alta (68%) rispetto alla media generale (58%). Ma è una pratica ancora poco diffusa: solo l’8% degli studi ha avviato collaborazioni formalizzate.

Gli ambiti di investimento

Le professioni hanno destinato investimenti in ICT soprattutto per fattura elettronica (86%), sistemi per la gestione di videochiamate (75%), piattaforme di e-learning (48%), conservazione digitale a norma (42%) e reti VPN (36%).  In merito alle intenzioni di investimento entro il 2023, gli avvocati privilegiano sito web (13%), pagina social dello Studio (9%) e conservazione digitale a norma (7%). I commercialisti puntano su conservazione digitale a norma (9%), software per il controllo di gestione, sito internet per lo Studio e gestione elettronica documentale (tutti al 6%), e i consulenti del lavoro, la conservazione digitale a norma (12%), il sito per lo Studio (7%), il software per la gestione della crisi d’impresa.

Cyber minacce sempre più forti, il ruolo della resilienza informatica

Le minacce informatiche sono una costante di questi ultimi anni e, complici anche tensioni internazionali tra le maggiori superpotenze e tra produttori di chip e cryptominer, stanno addirittura aumentando, mettendo in pericolo soprattutto aziende grandi e piccole. Probabilmente l’attuale contesto delle minacce cyber è un effetto collaterale del passaggio al lavoro da remoto incentivato dalla pandemia e dell’esposizione alle vulnerabilità della supply chain. Per esplorare cosa stia accadendo a livello di rischi informatici Acronis ha individuato alcune tendenze da tenere sotto controllo nel 2022.

Cosa è accaduto quest’anno

 Il ransomware è sempre in cima all’elenco delle minacce, mentre il furto dei dati e le perdite economiche rappresentano solo una parte del quadro complessivo, di cui fanno parte anche l’esposizione dei dati sensibili e le minacce ransomware perpetrate da parte di gruppi politici e di attivisti. I contrasti interni che emergono nei gruppi di ransomware possono portare alla diffusione dei dati privati di un’organizzazione, anche se la vittima ha pagato il riscatto, il che rende tali minacce ancora più serie. Le e-mail potenzialmente dannose e quelle di phishing sono ancora il principale vettore di infezione da cui originano gli attacchi. Gli attacchi alle supply chain software, come Log4j e SolarWinds, colpiscono migliaia di organizzazioni in tutto il mondo, minacciando infrastrutture critiche e aziende. Gli attacchi silenti, in particolare quelli perpetrati tramite i collaboratori da remoto che spesso lavorano sui propri dispositivi, sono un altro potenziale problema di sicurezza, che i cybercriminali sfruttano per accedere ai sistemi e rubare le informazioni senza che la vittima ne sia consapevole. Spesso si tratta di spionaggio industriale. Aumenta anche la frequenza degli attacchi ai sistemi Linux e macOS. In questo contesto in evoluzione, le organizzazioni puntano a creare piani di resilienza coesi che consentano di proteggere la proprietà intellettuale, i clienti e le supply chain. Per districarsi tra le potenziali minacce, molte aziende si affidano ai Managed Service Provider (MSP) e a professionisti dell’IT esterni.

Resilienza informatica per MSP e professionisti dell’IT

“Oltre alla Cyber Security, uno degli argomenti più discussi è oggi la resilienza informatica, ovvero la capacità dell’infrastruttura IT di reggere a cambiamenti e trasformazioni e di tornare rapidamente a una condizione di stabilità. In altri termini, al reparto IT spetta il compito di realizzare un’infrastruttura IT capace di funzionare in modo continuativo anche dopo aver subito un attacco o una potenziale compromissione da parte dei criminali informatici (una ricerca di IDC ha evidenziato che nei due anni passati il 73% delle aziende ha subito una grave violazione della sicurezza). Service Provider e i professionisti dell’IT che forniscono servizi di sicurezza devono partire dal presupposto che i dati sono costantemente sotto attacco. Va quindi da sé che la resilienza informatica debba garantire la continuità aziendale durante un attacco e l’esecuzione del ripristino nella fase successiva”, commenta Denis Cassinerio, Regional Sales Director per l’Europa meridionale di Acronis. “È altrettanto importante saper valutare le esigenze specifiche dei clienti, i cui requisiti possono variare in funzione del settore e dell’area geografica in cui operano, del tipo di dati che vengono archiviati e dell’entità del lavoro da remoto. Offrire diversi livelli di piani di sicurezza e conoscere tutti i dettagli è un valido aiuto per erogare il livello di protezione più adatto. Per creare il piano di resilienza informatica più efficace per ogni cliente occorre valutare i rischi a cui è più vulnerabile, analizzare l’intera organizzazione e documentare i processi e le procedure aziendali chiave”.

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