Investire nella rivoluzione green fa bene alle aziende: un terzo riduce i consumi energetici, un quinto dà un taglio ai rifiuti, il 14% dice addio all’utilizzo di sostanze chimiche nocive, il 10% contiene l’utilizzo delle risorse idriche, e migliorando la logistica, riduce anche le emissioni di CO2. Si tratta di alcuni risultati emersi dall’indagine effettuata su oltre 32mila imprese nell’ambito del progetto Sisprint (Sistema integrato di supporto alla progettazione degli interventi territoriali), condotto da Unioncamere e dall’Agenzia per la Coesione territoriale, e finanziato dal PON Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020

La riduzione delle materie prime energetiche è il beneficio più frequente

Interrogate sull’impatto ambientale degli investimenti green, il più frequente tra i benefici indicati dalle aziende è la riduzione delle materie prime energetiche (32,7%), con punte del 42% per la Sardegna, del 40% per la Calabria e del 38,7% per la provincia autonoma di Bolzano. Bolzano è anche in cima alla classifica delle aree territoriali in cui le imprese segnalano di aver ridotto i rifiuti investendo in greeneconomy. A fronte di un dato medio del 20%, le imprese altoatesine indicano questo effetto nel 26,2% dei casi, seguite dalle emiliano romagnole (24%) e dalle laziali (23,7%).

Puglia, medaglia d’oro in “chimica verde”

La medaglia d’oro per la riduzione o l’eliminazione di sostanze chimiche nocive, e per l’introduzione o sostituzione di sostanze tradizionali con prodotti di chimica verde, va alla Puglia (18,3%), a fronte di una media del 13,8% a livello nazionale, seguita dalla Liguria (17,8%) e le Marche (16,9%). In testa per il risparmio di acqua le imprese sarde, siciliane e bolzanine. Contro una media del 10,4%, in queste tre aree l’indicazione proviene rispettivamente dal 19,3%, 15,1% e 14,9% delle attività produttive. Per i miglioramenti nella logistica e nei trasporti, con l’abbattimento dell’anidrite carbonica introdotta nell’ambiente, primeggiano le aziende umbre (13%), quelle lucane (12,7%), e quelle campane (12,3%).

La greeneconomy piace a tutti i settori produttivi

Tra le indicazioni delle aziende vi è poi anche la crescita dell’utilizzo di materie riciclate, l’allungamento dei tempi di vita dei prodotti, il recupero di prodotti usati e la loro riconversione in prodotti nuovi. A imboccare la strada della greeneconomy sembrano essere le imprese di tutti i settori produttivi. Tra il 2016 e il 2020, hanno infatti investito in processi produttivi a minor impatto ambientale un quarto delle aziende manifatturiere, il 18,5% di quelle che si occupano di alloggio e ristorazione, il 12,8% di quelle commerciali e dei trasporti/magazzinaggio, il 12,7% delle Attività artistiche, di intrattenimento e di riparazione, e più di una impresa su 10 delle Costruzioni e delle attività professionali, riporta Ansa.