La cultura in Italia vale tanto, tantissimo. Non solo a livello puramente educativo, ma anche come comparto economico a tutti gli effetti. Qualche dato, racchiuso nella dodicesima edizione del rapporto “Io sono cultura” realizzato da Fondazione Symbola e Unioncamere: il sistema produttivo culturale e creativo del 2021 vale 88,6 miliardi di euro, corrispondenti al 5,6% del valore aggiunto italiano e attiva complessivamente un giro d’affari di 252 miliardi di euro. Nonostante l’impatto della crisi dovuta alla pandemia, alcuni comparti culturali e creativi hanno mostrato segnali di tenuta generale. Non solo: alcuni settori hanno anche messo a segno incrementi importanti, come quello dei videogiochi e software che ha registrato un aumento della ricchezza prodotta del 7,6%. Sul fronte dell’occupazione, il settore impiega circa un milione e mezzo di persone, pari al 5,8% dell’occupazione nazionale.

Cosa rientra nel sistema produttivo culturale e creativo del nostro Paese?

Il Sistema Produttivo Culturale e Creativo comprende tutte quelle attività economiche che producono beni e servizi culturali (core), ma anche tutte quelle attività che non producono beni o servizi strettamente culturali, ma che utilizzano la cultura come input per accrescere il valore simbolico dei prodotti, quindi la loro competitività, che nello studio sono definiti creative-drive. All’interno del core coabitano attività molto diverse tra loro, accomunate dalla produzione e veicolazione di contenuti culturali e creativi. Dalle attività di conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico (attività dei musei, biblioteche, archivi, monumenti), alle arti visive e performative (attività dei teatri, concerti, etc.). A queste si aggiungono attività che operano secondo logiche “industriali” (musica, videogame, software, editoria, stampa), quelle dei broadcaster (radio, televisione), fino ad arrivare ad alcune attività appartenenti al mondo dei servizi (comunicazione, architettura, design).

Dove la cultura rende di più? 

Sia in termini di valore aggiunto sia di occupazione emerge una chiara differenziazione tra il Nord Italia e il Mezzogiorno. La grande area metropolitana di Milano è al primo posto nelle graduatorie provinciali per incidenza di ricchezza e occupazione prodotte, con il 9,5 e il 9,9%. Roma è seconda per valore aggiunto (8,5%) e quarta per occupazione (7,8%) mentre Torino si colloca terza (8,2%). Seguono, per valore aggiunto Arezzo (7,8%), Trieste (6,9%), Firenze (6,7%), Bologna (6,1%) e Padova (6 %).
In termini di occupazione, come suddetto, la leadership per incidenza dei posti di lavoro sul totale dell’economia è da attribuire a Milano. Ma il ruolo della cultura non si ferma alla sola quantificazione dei valori della filiera. Importanti sono anche i legami tra cultura e turismo.