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Fusioni e acquisizioni aziendali: nel 2021 +27,3%

Nel corso del 2021 si sono registrati 705 deals con target in Italia, +27,3% rispetto al 2020, con un volume complessivamente investito in Italia superiore a 85,5 miliardi di euro, oltre il doppio di quanto investito nel 2020. Secondo la ricerca EY, dal titolo M&A in Italia – Review 2021 e Preview 2022, il volume di investimento è stato trainato da diverse operazioni di grande dimensione, con ben 18 operazioni rispetto alle 10 del 2020, che hanno totalizzato un valore aggregato eccedente i 60 miliardi. Il rapporto evidenzia quindi una crescita delle fusioni e acquisizioni aziendali. In particolare, lo studio analizza l’andamento dell’M&A in Italia nel corso del 2021, e approfondisce i principali trend attesi nel 2022 per ogni settore strategico: infrastrutture e costruzioni, energy, TMT, life science, macchinari industriali, automotive e retail & consumer.

Anche nel Mid Market il dato è positivo

Anche nel cosiddetto Mid Market il dato è stato positivo, con un totale investito pari a circa 24,6 miliardi (+55,4% rispetto al 2020).
L’elevata attività transazionale, si legge in una sintesi del rapporto, è stata una delle risposte alla trasformazione dei modelli di business e delle operations delle aziende accelerata dalla pandemia legata al Covid-19. La pandemia ha infatti innescato processi di riorganizzazione supportati anche da acquisizioni per dotarsi di nuove competenze, tecnologie, catene di produzione e mercati di sbocco. Una rinnovata attenzione ai temi della sostenibilità, nel senso ampio del termine, ha contribuito a spingere ulteriormente la dinamica transazionale, specie per efficientare l’impatto dai cicli di produzione e per allargare la gamma di prodotti per soddisfare le nuove esigenze dei consumatori.

I settori più performanti: industriale e chimico, consumer e tech

Tra i settori più performanti per numero di operazioni, il settore industriale e chimico (195), il consumer (132) e quello technology (88).
Quanto all’analisi per valore delle operazioni, guida la classifica il settore infrastrutture e costruzioni (22.312 milioni), seguito da quello delle telecomunicazioni (11.897 milioni) ed energetico (10.583 milioni). Il Private Equity ha visto incrementare significativamente il proprio ruolo: i fondi hanno concluso circa 166 operazioni di buy-out su target italiane per un valore aggregato di circa 21 miliardi (rispetto a 120 operazioni nel 2020 per 8,3 miliardi).

Nel 2022 si punterà su Tlc, life science ed energia

Si tratta del dato relativo all’attività dei fondi in Italia maggiore di sempre, sia a valore sia a volume, riporta Askanews. In termini di numero di operazioni, hanno realizzato circa il 23,5% delle transazioni. Diversi elementi suggeriscono che il mercato M&A nel corso del 2022 possa esprimere andamenti positivi. Sussistono, a ogni modo, elementi di incertezza, legati all’andamento della pandemia e l’andamento inflattivo. Molte grandi operazioni sono attese nel 2022, soprattutto nei settori delle telecomunicazioni, life science ed energia.

Istat, a dicembre sale la fiducia dei consumatori, ma non quella delle imprese

Luci e ombre sul clima di fiducia percepito dagli italiani nel mese di dicembre 2021. A fotografare la situazione è come sempre l’Istat, che ha analizzato – come è ormai tradizione – il sentiment espresso dai nostri connazionali e dalle imprese del nostro Paese, rilevando delle discrepanze tra le due macrocategorie. Da una parte ci sono i cittadini – per i quali l’Istituto Nazionale di Statistica ha stimato un lieve aumento dell’indice del clima di fiducia (da 117,5 a 117,7) – dall’altro le imprese, il cui indice composito del clima di fiducia flette da 114,8 a 113,1, pur mantenendosi su livelli alti. 

I consumatori i più ottimisti

Commenta così gli indici di fiducia di dicembre Paolo Mameli, senior economist Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo: “La fiducia delle famiglie è salita a 117,7 da 117,5 precedente, grazie a un maggiore ottimismo in merito alla situazione economica personale e alle condizioni correnti, mentre le indicazioni sul clima economico generale, e le aspettative per il futuro, sono calate. I consumatori si mostrano più fiduciosi sulla situazione attuale del Paese, sul bilancio famigliare e sulle opportunità attuali di acquisto di beni durevoli, ma sono meno ottimisti circa le prospettive economiche dell’Italia e le opportunità sia attuali che future di risparmio. Inoltre, l’inflazione percepita dai consumatori è salita ulteriormente, a un nuovo massimo, e quella attesa per i prossimi 12 mesi è calata solo marginalmente. Infine, i timori sulla disoccupazione sono tornati ad aumentare, sia pure moderatamente, dopo quattro mesi di calo”.
I dati dell’Istat confermano: l’incremento dell’indice di fiducia espresso dai consumatori, seppur di modesta entità, è dovuto essenzialmente ad un miglioramento del clima personale (da 110,0 a 110,4) e di quello corrente (da 115,2 a 115,6). Diverso invece il discorso per quanto riguarda lo scenario economico e le prospettive future, che appiano nel segno del pessimismo. Il clima economico e quello futuro sono, infatti, in leggero peggioramento (i relativi indici calano, rispettivamente, da 139,8 a 139,6 e da 121,0 a 120,8).

Le imprese più caute

In generale, le imprese esprimono un peggioramento delle aspettative sulla produzione nel manifatturiero, di quelle sugli ordini nei servizi e di quelle sull’occupazione presso l’impresa nelle costruzioni. L’indice di fiducia è in diminuzione nell’industria manifatturiera (da 115,9 a 115,2) e nei servizi di mercato (da 111,3 a 110,2) mentre aumenta nelle costruzioni (da 157,4 a 159,1) e nel commercio al dettaglio (da 106,8 a 107,4). Quanto alle componenti degli indici di fiducia, nella manifattura migliorano leggermente i giudizi sugli ordini mentre diminuisce l’ottimismo delle aspettative sulla produzione e le scorte sono giudicate in accumulo. Nei servizi di mercato, il calo dell’indice è determinato dalle aspettative sugli ordini che diminuiscono marcatamente soprattutto nel settore dei servizi turistici, che negli ultimi mesi hanno visto messa in difficoltà la loro attività dalla pandemia e da tutte le relative limitazioni.

La tecnologia al primo posto nella wishlist natalizia

Gli italiani hanno le idee chiare: tra le opzioni preferite come regalo di Natale primeggiano gli articoli tecnologici, con più del 71% delle preferenze, soprattutto per quanto riguarda le fasce di età più giovani, come la Gen Z (oltre l’82%), in particolare per il campione maschile (82%). Tra le opzioni più apprezzate, si fanno notare anche i prodotti enogastronomici, da sempre grandi protagonisti dei classici cesti natalizi, con il 63,4% delle preferenze, mentre più in basso in classifica si posizionano i gioielli (36%) e le esperienze speciali, come eventi, degustazioni enogastronomiche o corsi ricreativi (46,9%). È quanto emerge dalla ricerca di Samsung Electronics Italia in collaborazione con GWI.

A ognuno il suo regalo

Quanto ai dispositivi tecnologici, sono scelti dal 44% circa del campione. In particolare, questa tipologia di doni risulta la più scelta dal segmento 25-34 anni, con oltre il 39% delle preferenze.
Per il proprio partner, il 34% del campione sceglie invece gioielli o articoli di profumeria, opzione scelta da quasi il 46% dei Millennial. Considerando invece gli affetti famigliari, i regali preferiti sono quelli tradizionali, come libri e prodotti editoriali (15,9% nel caso di un regalo ai genitori, 17% per i fratelli), mentre i prodotti tecnologici risultano i prediletti per i figli, con il 19% delle preferenze. Una scelta probabilmente influenzata dall’alta richiesta di console, videogiochi e device tech legati all’intrattenimento. E per gli amici? Per loro soprattutto libri (20% circa) e prodotti enogastronomici (16,4%), idee senza tempo sempre apprezzate da chi le riceve.

Lo smartphone è sempre il preferito

Se la tecnologia risulta tra le scelte privilegiate dai consumatori italiani quando si tratta di regali natalizi sono tanti i dispositivi tra cui decidere per un regalo gradito a sé o agli altri. Ma tra questi il preferito in assoluto è sempre lo smartphone, che raccoglie oltre il 52% delle preferenze.
Iniziare il nuovo anno con un alleato tecnologico sempre in tasca rappresenta certamente una forte motivazione, ma anche la smart TV (41% circa) presenta un forte appeal, soprattutto per il target 35-44 anni (49,3%).

Il 5,9% spende più di 1.000 euro

Tra i dispositivi per la casa, riporta Italpress, il robot aspirapolvere vince su tutti (26,9%), specie per la fascia d’età 45-54, segue la lavatrice/asciugatrice smart (18,9%) e a sorpresa, dalla Generazione Z, con il 25,5% delle preferenze.  Quanto al budget, il 34% degli italiani dichiara di arrivare a investire tra i 200 e i 400 euro per soddisfare i desideri tecnologici. Solo il 7,7% spende tra i 600 e i 1.000 euro, e il 5,9% si impegna con cifre superiori ai 1.000 euro. Quest’ultima tendenza risulta particolarmente rilevante nel target 35-44 anni, che risultano concordi nell’11% dei casi.

I consumatori tornano allo shopping in-store, e aumenta l’ottimismo

Con l’aumento dell’ottimismo i consumatori pianificano di spendere di più per le attività fuori casa, e tornano allo shopping in-store. Insomma, dagli acquisti in negozio all’intrattenimento ai viaggi, riprendono i consumi extra domestici e torna l’ottimismo. Il 61% dei consumatori è infatti ottimista sul futuro, e chi è vaccinato lo è in misura maggiore rispetto a chi deve ancora ricevere il vaccino. Secondo i dati emersi dal sondaggio globale PwC 2021 Global Consumer Insights Pulse Survey il 66% dei parzialmente vaccinati dichiara infatti di essere ottimista contro il 43% dei non vaccinati. Ma anche le modalità di lavoro, in particolare lo smart working, hanno influenzato i livelli di ottimismo, e chi lavora da casa o in modo ibrido è più ottimista (68%) rispetto a chi lavora fuori casa (58%).

Il 48% dei consumatori visita un negozio fisico almeno una volta alla settimana

Di fatto gli acquisti in negozio sono in ripresa, tanto che il 48% dei consumatori visita un negozio fisico almeno una volta alla settimana e il 72% è propenso a visitare un centro commerciale nei prossimi 6 mesi. Circa la metà (41%) degli intervistati però fa acquisti tramite smartphone almeno una volta alla settimana, soprattutto i millennial (50%). Circa un terzo dei consumatori a livello globale (31%), poi, prevede di aumentare la spesa per viaggi nei prossimi sei mesi, e l’82% di questi è almeno parzialmente vaccinato.

La sostenibilità è un fattore chiave nelle decisioni d’acquisto

I consumatori prevedono anche di spendere di più in generi alimentari (41%), moda (33%), e salute e bellezza (30%), dando così un ulteriore impulso alla ripresa economica. Inoltre, la sostenibilità è un fattore chiave nelle decisioni d’acquisto. Il 52% degli intervistati dichiara di essere più ‘ecologico’ rispetto a sei mesi fa, e la metà degli intervistati (51%) afferma di prendere in considerazione l’origine tracciabile e trasparente del prodotto che intende acquistare. Ma il prezzo e la convenienza rimangono i fattori più importanti. Circa il 70% dà priorità all’offerta migliore quando fa acquisti, e più della metà afferma che un servizio di consegna o ritiro efficiente è sempre o molto spesso rilevante.

La protezione dei dati personali è più importante della customer experience

In tutti i settori più di un consumatore su dieci non crede però che le aziende stiano rispettando i propri valori o mantenendo ciò che hanno promesso. E la fiducia dei consumatori è influenzata principalmente dal modo in cui le aziende utilizzano i dati. L’83% degli intervistati dichiara infatti che le pratiche di protezione influenzano la fiducia in un’azienda, e circa la metà (47%) afferma che l’uso dei propri dati è una priorità assoluta, molto più importante che ricevere una customer experience ‘su misura’.
Inoltre, tre consumatori su cinque (59%) ritengono di essere diventati più protettivi nei confronti dei propri dati negli ultimi 6 mesi, e il 55% afferma di non essere disposto a scambiare i propri dati per un compenso o uno sconto.

Healthy food, un trend che segna la ripresa dalla pandemia

Il cibo in relazione alla salute è un trend che consideriamo consolidato. Il food è visto anche come potenziamento, integrazione e prevenzione, e la sempre maggiore ricerca di prodotti con vitamine, sali minerali, nutrienti benefici (i Super-Foods), va di pari passo con il ritorno alla valorizzazione di sapori e ricette italiane, e con l’attenzione al bio, il Km0, e la sostenibilità. Nel nostro ‘nuovo’ mondo domestico la cucina è infatti spesso al centro, e la spesa alimentare è sempre più forte sul bilancio familiare. In parte, abbiamo anche cambiato il nostro modo di fare la spesa, scoprendo nuovi punti vendita, valorizzando quelli vicini a casa, e imparando a fare la spesa online. Anche in virtù di queste nuove abitudini l’healthy food è una nuova tendenza, così come un segno di ripresa dai quasi due anni di pandemia.

L’innovazione fine a sé stessa non affascina più

Altri trend, molto in auge prima della pandemia, ora sono un po’ sottotono, come l’innovazione, la snackizzazione il Food-on the go, l’experience a tutti i costi, e la personalizzazione. Queste considerazioni portano a ‘distillare’ tre aree di conseguenze e riflessi in vista della ‘nuova normalità’. Innanzitutto, è indubbio che stiamo riportando al centro della nostra visione del mondo l’idea di una ‘sottrazione’, o di un ‘meglio a meno’, e quella di una deglobalizzazione, con l’apparente minore voglia di sperimentare il nuovo/lontano/esotico e un minore fascino per ciò che semplicemente costa o per l’innovazione fine a sé stessa.

La centralità sulla salute rafforza i legami con il cibo, l’ambiente e il clima

Inoltre, la centralità sulla salute rafforza i legami tra salute e cibo, salute e ambiente, e salute e clima.
Questo ha ovvie ripercussioni sul consumer journey, dove le nuove routine di acquisto si affermano come ‘alterazione delle abitudini’ e dilemma tra adeguamento e trasgressione. Non si dimentichi infatti che ricerca di cibi/marche premium e corsa al discount sono fenomeni egualmente in crescita. Terza area di conseguenza riguarda sia le aziende del settore alimentare, sempre molto sollecitate dalle novità così come dalla presenza quotidiana delle marche, sia i consumatori, che chiedono più innovazione e azioni sul territorio in logiche di sostenibilità, con attenzione all’ambiente.

Sostenibilità, non solo etica ma ‘sistema’ 

Oggi la sostenibilità deve essere ‘funzione’: prima ancora che etica, ‘sistema’ di soggetti e relazioni. Un ‘cibo buono’, oltre che essere vantaggioso, deve far bene a me, agli altri e all’ambiente. Quindi, in definitiva, la salute è la cosa più importante: lo stare bene porta salute, e per questo possiamo contare su scelte alimentari, di prodotti e di comportamenti orientati alla salute. Vicini o lontani, anche gli altri devono essere una risorsa: siamo tutti connessi, lo abbiamo capito bene, e nessuno si salva da solo. Dobbiamo recuperare tempi e spazi, non necessariamente per fare più cose, ma per realizzare sogni, esperienze, immersioni, anche semplicemente per avere più tempo discrezionale.

Il cambiamento climatico arriva anche a tavola: meno cibo e prezzi alle stelle

Gli effetti della crisi climatica si ripercuotono sul mercato dell’ortofrutta italiano, e di riflesso, sulle nostre tavole. A causa del clima i danni per la produzione italiana nel 2021 sono enormi, e potenziali ripercussioni ricadono anche per la disponibilità di prodotti agro-alimentari sui mercati locali. I consumatori potrebbero infatti essere gravemente colpiti dall’aumento dei prezzi dei beni alimentari, soprattutto frutta e verdura. Si tratta di un’analisi del Wwf contenuta nel report ‘2021 effetto clima: l’anno nero dell’agricoltura italiana’, condotto per denunciare come il clima abbia inciso drammaticamente sulla produzione di alcuni prodotti tipici del nostro territorio, facendo salire i prezzi alle stelle.

Un costo di circa 14 miliardi di euro negli ultimi 10 anni 

Negli ultimi 10 anni gli eventi climatici estremi sono costati al comparto agricolo circa 14 miliardi di euro. Nel decennio dedicato dalle Nazioni Unite alla nutrizione (2016-2025), il 2021 è celebrato dalla FAO come l’anno internazionale della frutta, ma questa ricorrenza coincide anche con quello che viene definito da molti ‘l’anno nero dell’ortofrutta italiana’. Il report del Wwf evidenzia infatti come nella regione mediterranea il riscaldamento superi del 20% l’incremento medio globale della temperatura, ponendo il nostro Paese in una posizione di particolare vulnerabilità rispetto agli effetti del cambiamento climatico.

Nel 2021 quasi 1500 eventi estremi

Con circa 1500 eventi estremi, il 2021 fa registrare in Italia un aumento del 65% di nubifragi, alluvioni, trombe d’aria, grandinate e ondate di calore rispetto agli anni precedenti. Secondo i dati riportati dal WWF alcune colture sono state penalizzate in modo generalizzato, come il miele, arrivato a perdere addirittura il 95% della produzione rispetto all’anno precedente, e la frutta, che vede un calo medio del 27%, con picchi del -69% registrato dalle pere. Ma anche il riso (-10%), il vino, che in alcune regioni ha subìto cali fino al 50%, e l’olio, in alcune regioni del Centro-Nord ha registrato i danni più gravi, fino all’80% in meno nell’anno che invece doveva segnare una produzione in crescita. In pratica, più di un frutto su quattro è andato perduto per eventi estremi e imprevedibili quali gelate, siccità e grandinate.

Una minaccia per la capacità produttiva dei sistemi agricoli

Anche le filiere di trasformazione sono state messe in crisi. Il caldo torrido di quest’estate ha accelerato la maturazione del pomodoro, superando la capacità logistica per raccoglierlo, trasportarlo e lavorarlo: il 20% del raccolto è andato perduto, riferisce Italpress. “La crisi climatica, con i suoi molteplici effetti, sta minacciando la capacità produttiva dei sistemi agricoli a livello globale, compromettendo la loro capacità di nutrire adeguatamente l’umanità – afferma Eva Alessi, Responsabile Sostenibilità del Wwf Italia -. I nostri comportamenti a tavola e fuori sono determinanti, non possiamo più ignorare il nostro ruolo all’interno del sistema globale”.

I giovani talenti cercano sicurezza (e guadagni) sul lavoro

L’instabilità e i timori a tutti i livelli che hanno caratterizzato gli ultimi mesi, a causa della pandemia, non potevano che lasciare segni profondi anche nella mentalità e nell’approccio al lavoro da parte delle giovani generazioni. Oggi, infatti, i talenti in erba danno la massima priorità alla sicurezza, intesa come stabilità del posto di lavoro, alti guadagni e possibilità di fare carriera. Meno voglia di lanciarsi in start up o avventure imprenditoriali varie, quindi: lo rivela l’annuale report di Universum su professioni e datori di lavoro, realizzato intervistando oltre 220mila studenti universitari di economia, ingegneria e informatica in 10 delle maggiori economie mondiali. In particolare, il rapporto stila la classifica dei datori di lavoro più attraenti del mondo sulla base delle opinioni degli studenti, evidenziando quanto contino le potenzialità di guadagni  futuri, così come un impiego sicuro e la presenza di un ambiente di lavoro creativo e dinamico. “Ricercare la sicurezza è tipico durante una recessione economica, così come lo è allontanarsi da imprese imprenditoriali percepite a rischio più elevato”, spiega Richard Mosley, Universum, Global Client Director. “Questo è probabilmente il motivo per cui le aziende di successo come Amazon e IBM sono risultate le preferite come possibili posti di lavoro dai giovani talenti”.

Cambiano le priorità personali e di carriera

Tra i vari effetti della pandemia, c’è anche quello di  aver spinto gli studenti a rivalutare ciò che vogliono da un datore di lavoro e da una carriera. La ricerca rileva che le industrie con orari di lavoro lunghi ed estenuanti potrebbero dover affrontare un calo di appeal. Ad esempio, la ricerca di “lavori impegnativi” è scesa di tre punti nella classifica dei talenti nel campo ingegneristico. Cala anche il fascino delle carriere in ambito internazionale, come le professioni nella multinazionali: questo è dovuto a fattori contingenti, come le frontiere chiuse e la difficoltà a una mobilità libera.  

I limiti dello smartworking

Le forze lavoro virtuali e ibride sono destinate a restare anche in futuro, ma i leader di talento devono fare attenzione a non adottare un approccio unico, in particolare con i giovani talenti , che vedono molti potenziali svantaggi nelle modalità di lavoro virtuale. La ricerca Universum mostra che il “lavoro flessibile” non è una priorità della Top 10 per gli studenti di economia, ingegneria o informatica. Infine, il report evidenzia che i responsabili HR dovranno essere ancora più attenti nelle selezioni, identificando correttamente i profili dei candidati per far emergere davvero tutte le loro potenzialità.

TV, arriva il passaggio al digitale terrestre

Ci siamo: dopo gli annunci, che un po’ hanno fatto spaventare i fedelissimi della TV tradizionale, arriva in Italia la rivoluzione del digitale terrestre. In sintesi, con le nuove modalità  non tutti gli apparecchi televisivi e i decoder sono in grado di supportare il più recente standard: se così non fosse, bisogna cambiare televisore anche usufruendo dei Bonus TV previsti dal Ministero dello Sviluppo Economico per continuare a vedere l’intera programmazione televisiva.

La nuova codifica DVBT/MPEG4

A partire da metà ottobre, quindi, alcuni programmi nazionali verranno trasmetti con la codifica DVBT/MPEG4, che assicura una qualità nettamente migliore a quella attuale. I programmi trasmessi in questa modalità dovranno essere identificati dai fornitori di contenuti. La road map di questo switch off prevede delle tappe, identificate anche con precise aree geografiche: 15 novembre-18 dicembre lo switch off comincia in area 1A cioè la Sardegna; 3 gennaio-15 marzo 2022 si passa in area 2 per il nuovo digitale terrestre. Le Regioni: Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia tranne la provincia di Mantova, provincia di Piacenza, provincia di Trento, provincia di Bolzano. Coinvolta anche anche l’area 3 con Veneto, provincia di Mantova, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna tranne la provincia di Piacenza; 1 marzo-15 maggio parte l’area 4 con Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata, Abruzzo, Molise, Marche; 1 maggio- 30 giugno 2022 chiude con l’area 1B: Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Campania. Il passaggio definitivo al DBV-T2 avverà il 1° gennaio 2023.

Cambieranno per primi i canali tematici

Cosa succede in casa Rai e Mediaset, i principali fornitori di programmi in chiaro? In Rai, ad essere interessati dal cambiamento verso la qualità HD, saranno i nove canali “tematici” – Rai 4, Rai 5, Rai Movie, Rai Yoyo, Rai Sport+ HD, Rai Storia, Rai Gulp, Rai Premium e Rai Scuola – mentre resteranno “contemporaneamente” visibili (sia in alta che in bassa risoluzione) a tutti gli utenti, le tre reti ammiraglie Rai1, Rai2 e Rai3, e la rete di informazione Rainews24. Per Mediaset invece, a fare da apripista per l’alta definizione saranno i canali specifici TGCOM24, Mediaset Italia 2, Boing Plus, Radio 105, R101 TV e Virgin Radio TV; mentre rimarranno contemporaneamente visibili tutti gli altri canali. In questa prima fase, quindi, potranno continuare a ricevere tutti i canali RAI e Mediaset sopra citati solo gli utenti che siano in possesso di TV o decoder che supportano il nuovo sistema di codifica MPEG-4, spiega una nota del Mise.

Ancora in salita i prezzi delle abitazioni: i dati del secondo trimestre

Anche se i dati sono provvisori, fanno sicuramente ben sperare per l’andamento del mercato immobiliare italiano e in generale dell’economia del nostro paese. Stiamo parlando delle stime preliminari diffuse dall’Istat, l’Istituto di Statistica Italiano, che rivelano che nel secondo trimestre 2021 l’indice dei prezzi delle abitazioni (IPAB) acquistate dalle famiglie, per fini abitativi o per investimento, aumenta dell’1,7% rispetto al trimestre precedente e dello 0,4% nei confronti dello stesso periodo del 2020 (era +1,7% nel primo trimestre 2021).

Le migliori performance? Del nuovo

E’ da attribuire in particolare modo ai prezzi delle abitazioni nuove l’’aumento tendenziale dei prezzi. Le nuove abitazioni hanno infatti messo a segno un +2% ( comunque in rallentamento dal +4,0% nel primo trimestre). In questo contesto, crescono anche i prezzi delle abitazioni preesistenti, anche si poco (+0,1%) e pure con incrementi in calo (+1,2% nel trimestre precedente). Questi andamenti si registrano in un quadro di netta espansione dei volumi di compravendita (+73,4% la variazione tendenziale registrata nel secondo trimestre 2021 dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate per il settore residenziale), la cui ampiezza è largamente imputabile al confronto con il secondo trimestre del 2020, quando le misure adottate per il contenimento del Covid-19 hanno drasticamente limitato la possibilità di stipulare i rogiti notarili, soprattutto ad aprile. La variazione rispetto al secondo trimestre del 2019 (non influenzata quindi dalle misure di lockdown) è comunque marcata (+26,1%) a conferma del contesto di chiara ripresa del mercato immobiliare residenziale. Su base congiunturale l’aumento dell’IPAB (+1,7%) è imputabile unicamente ai prezzi delle abitazioni esistenti che crescono del 2,1% mentre quelli delle abitazioni nuove restano stabili. Il tasso di variazione acquisito dell’IPAB per il 2021 è pari a +2,0%.

Crescita dal Nord al Sud del Paese nel secondo trimestre

Un ulteriore dato positivo è che l’andamento è abbastanza omogeneo in tutte le aree del Paese. Infatti in tutte tutte le ripartizioni geografiche si registra, su base congiunturale, una crescita dei prezzi delle abitazioni. Le cose cambiano se si analizzano i dati su base annua: in questo caso le dinamiche sono differenti. Nel Nord-Ovest e nel Nord-Est la crescita dei prezzi delle abitazioni è lieve e rallenta in misura ampia rispetto al trimestre precedente (rispettivamente da +1,8% a +0,1% e da +2,3% a +0,3). Nel Centro i prezzi delle abitazioni mostrano un aumento più marcato della media nazionale e in lieve decelerazione rispetto al primo trimestre (da +1,4% a +1,2%). Nel Sud e Isole, invece, i prezzi flettono di poco, invertendo la tendenza (da +1,4% a -0,2%).

Un sonnellino aumenta la produttività, anche in azienda

Vorresti essere più produttivo? Fai un pisolino! Pare proprio che la pennichella sia una risorsa preziosa per rinfrescare e ricaricare la mente, a tutto vantaggio del lavoro e della creatività. D’altronde gli esempi illustri non mancano: Albert Einstein, Leonardo Da Vinci, Thomas Edison e Winston Churchill sono solo alcuni dei cervelli celebri che praticavano l’arte del sonnellino. E molte imprese stanno prendendo in considerazione questo piacevole break per il benessere dei dipendenti e per i risultati aziendali: secondo un sondaggio della Society for Human Resource Management (SHRM), circa il 6% delle organizzazioni statunitensi, tra cui The Huffington Post, Nike e Pizza Hut, ha iniziato a fornire stanze per il pisolino ai propri dipendenti. Postazioni per i sonnellini, amache per i pisolini e persino suite per mini dormite si sono fatte strada negli aeroporti, nelle università e nei centri commerciali.

La mancanza di sonno “costa” cara 

Se si ha difficoltà a rimanere concentrati e rispettare le scadenze sul lavoro, dietro potrebbe esserci una ragione scientifica. Secondo la rivista Sleep, la mancanza di sonno costa alle aziende statunitensi ben 63 miliardi di dollari di perdita di produttività ogni anno. La ricerca mostra che anche un pisolino di 30 minuti può migliorare la memoria e aumentare la concentrazione. Ma il pisolino serve anche ad abbassare i livelli di stress: quando si dorme, il cervello elabora i sentimenti e le esperienze vissuti durante il giorno. Di conseguenza, se il sonno viene interrotto o è troppo breve, rimangono più emozioni negative che positive. Diversi studi illustrano l’impatto benefico che un minore livello di stress ha sulla salute e, di conseguenza, sulle prestazioni. Il sonnellino può ridurre l’ansia e la depressione a livello chimico, abbassando al minimo i livelli di cortisolo (un ormone che eleva la glicemia).

Il pisolino migliora la memoria

Concedersi qualche momento di sonno extra ha anche un impatto significativo sulla memoria. Ad esempio, se si tende a replicare sempre gli stessi errori oppure a  scordare facili incombenze, il pisolino potrebbe essere la risposta. “Sonnecchiare”, anche non in maniera profonda, aiuta a potenziare la memoria. Uno studio della Nasa ha scoperto che il pisolino migliora attivamente la memoria sul lavoro, il che comporta la focalizzazione dell’attenzione su una mansione mentre si tengono in memoria altri compiti. E’ una dote importante quando si devono svolgere compiti complessi, come la gestione delle missioni spaziali, ma la regola è valida in ogni ambito lavorativo! 

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