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Categoria: Numeri e curiosità

Unioncamere Lombardia, bene la produzione industriale ma il futuro preoccupa

Il secondo trimestre del 2022, in base ai dati diffusi da Unioncamere Lombardia, registra un’ulteriore crescita su quello precedente, pari a +1,6% . La variazione tendenziale sullo stesso trimestre dell’anno scorso è pari a un solido +7,4%. Eppure non mancano delle preoccupazione sul prossimo futuro, legate alla situazione geopolitica e all’aumento dei prezzi.

L’andamento dei diversi comparti 

Il rrisultato positivo è diffuso a quasi tutti i settori con l’eccezione dei soli Mezzi di trasporto che registrano invece un calo tendenziale (-5,8%). Gli ordinativi – sempre in positivo – mostrano un rallentamento più sensibile in particolare del mercato interno (+0,6%), ma l’estero (+1,3%) ha intensità della crescita che si riduce di quasi due terzi.
Risultati positivi anche per le aziende artigiane manifatturiere che segnano una crescita della produzione del +2,3% congiunturale che diventa +8,7% su base tendenziale. Per queste imprese – rivolte maggiormente al mercato interno – gli ordini mantengono il ritmo di crescita dello scorso trimestre per il dato nazionale (+1,2%) mentre per i mercati esteri si fermano a un +0,5%. Crescono maggiormente nel trimestre i settori del comparto moda (Abbigliamento, Pelli-Calzature e Tessile) che scontano ancora gap significativi da recuperare rispetto al dato medio, in particolare Abbigliamento e Tessile, avendo iniziato la fase di recupero in ritardo rispetto agli altri comparti.

“Si sta esaurendo la spinta del forte rimbalzo post crisi”

“Il quadro per la produzione lombarda rimane positivo anche nel secondo trimestre ma si sta progressivamente esaurendo la spinta del forte rimbalzo post crisi.” commenta il Presidente di Unioncamere Lombardia Gian Domenico Auricchio. “Ne risentono le aspettative degli imprenditori per il futuro – che viene visto con preoccupazione sia per la domanda interna che per quella estera – con una incertezza che si riflette anche sull’andamento della seconda parte del 2022.”

La questione prezzi

Resta alta l’attenzione sui prezzi. Beni energetici, materie prime e componenti varie registrano nuovi record spingendo il dato verso l’alto: rispetto al II° trimestre 2021 i prezzi delle materie prime sono cresciuti mediamente del 58,4% per le imprese industriali e dell’80,2% per le artigiane. Si attenuano tuttavia le difficoltà di approvvigionamento e migliora anche la situazione delle scorte di magazzino e dei materiali per la produzione. I prezzi delle materie prime presentano una dinamica congiunturale in continuo e forte rialzo per tutti i comparti. Per l’industria, dai primi segnali d’incremento di fine 2020 (+2,1%) l’accelerazione è proseguita nel corso del 2021 e si assesta ora a +11,6% congiunturale. L’artigianato mostra una dinamica simile passando dal +2,6% di fine 2020 al +16,0% di questo trimestre. I prezzi dei prodotti finiti seguono ancora da lontano l’incremento delle materie prime registrando un +6,9% per l’industria e un +8,6% per l’artigianato.

Export alimentare Made in Italy: nel 2022 record +20%

Nel 2022 l’export alimentare Made in Italy segna un nuovo record: con un balzo del 20% supera i 52 miliardi registrati nel 2021. A preoccupare però sono gli effetti del conflitto in Ucraina, con i rincari energetici che stanno colpendo i consumi a livello globale. È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sui dati Istat relativi al commercio estero nel primo trimestre 2022.  Le esportazioni verso la Germania, il principale mercato di sbocco, nel primo trimestre aumentano del 9’%, verso la Francia del 17%, e gli Usa mettono a segno un +21%. Ma il vero boom si è verificato nel Regno Unito (+29%), dove l’export tricolore si è rivelato più forte della Brexit. Al contrario, la Cina segna un -18%, e se la Russia indica un +4%, sul risultato sono destinate a pesare la guerra in Ucraina e le sanzioni. Nel solo mese di marzo le vendite in Russia sono crollate del 35%.

Il paniere italiano all’estero: vino e prodotti base della dieta mediterranea 

All’estero le vendite del Made in Italy sono sostenute soprattutto dai prodotti base della dieta mediterranea. Come il vino, che svetta sul podio con una crescita del 18% nei primi sei mesi, davanti a frutta e verdura fresca. Ma nel paniere del Made in Italy all’estero recitano un ruolo importante anche pasta, formaggi, olio d’oliva e salumi, nonostante a livello nazionale resti da colmare il pesante deficit produttivo in molti settori importanti, dalla carne ai cereali fino alle colture proteiche, necessarie per l’alimentazione degli animali negli allevamenti.

Gli spumanti trainano le vendite negli States: +18%

Il vino è anche il prodotto italiano più gettonato negli Usa dove, con un incremento del 13% registrato nel primo trimestre 2022, rappresenta quasi un terzo dell’intero valore dell’export agroalimentare, grazie al traino degli spumanti, che crescono addirittura del 18%. Aumenti a doppia cifra (+16%) anche per l’olio d’oliva, al secondo posto tra i prodotti Made in Italy più amati negli States, poco davanti alla pasta, che però mette a segno un balzo del 23%. Bene anche confetture, passate e succhi, in crescita del 21%, che precedono i formaggi, i quali però mettono a segno un risultato ancora migliore (+28%) nonostante siano penalizzati dalla larga diffusione sul mercato americano delle imitazioni.

La leadership tricolore nel biologico

Alla base del successo del Made in Italy c’è un’agricoltura divenuta la più green d’Europa, con la leadership nel biologico di 80mila operatori, il maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg riconosciute (316), 526 vini Dop/Igp e 5.333 prodotti alimentari tradizionali, oltre a Campagna Amica, l’ampia rete dei mercati di vendita diretta degli agricoltori. Il Belpaese, spiega la Coldiretti, è il primo produttore Ue di riso, grano duro e vino, e di molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea, come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi. E anche per quanto riguarda la frutta, primeggia in molte produzioni importanti: dalle mele e le pere fresche alle ciliegie, le uve da tavola, i kiwi, le nocciole fino alle castagne.

I nuovi scenari dell’Agrifood italiano

La pandemia, la situazione internazionale, l’economia… Sono tanti i fattori che inevitabilmente impattano sul settore agroalimentare italiano. A fare una “fotografia” del comparto è stato il report “Una nuova prospettiva per l’agroalimentare dell’Emilia-Romagna”,  una puntuale analisi che ha approfondito gli scenari futuri del settore anche alla luce del recente conflitto ucraino e dei finanziamenti in arrivo da PNRR e nuova PAC, presentato da Nomisma a Bologna con la partecipazione di partner importanti.

Prezzi in aumento e materie prime difficili da reperire 

L’emergenza pandemica e la guerra in Ucraina esasperano il trend rialzista dei prezzi di input energetici, produttivi e dei trasporti. A fronte di una crescita a doppia e tripla cifra da dicembre 2019 allo stesso mese del 2021, nei primi 4 mesi del 2022 le quotazioni continuano a salire. Emerge, inoltre, con forza la dipendenza per gli approvvigionamenti (soprattutto energetici) dai paesi coinvolti nel conflitto e “le imprese risentono sensibilmente della crescita dei costi e delle difficoltà di approvvigionamento” ha detto Ersilia Di Tullio, senior project manager di Nomisma. Anche i prezzi delle materie prime agricole, già in rapida ascesa nel 2020 e 2021, segnano ulteriori rilevanti incrementi da dicembre 2021 ad aprile 2022. “Lo scenario bellico è, anche in questa circostanza, ulteriore fonte di preoccupazione per le imprese alimentari e mangimistiche perché da Russia e Ucraina l’Italia importa quote sensibili di materie prime agricole, in particolare olio e panelli di girasole, oltre che mais”.

L’impatto della situazione in Ucraina

Nonostante questa dipendenza, tuttavia Russia e Ucraina hanno un peso limitato nella bilancia commerciale italiana, con valori ben distanti dai nostri maggiori partner internazionali: Francia, Germania e Spagna per l’import; Germania, Stati Uniti e Francia per l’export. “Le importazioni complessive in Italia corrispondono a 48,5 miliardi di euro, ma l’incidenza sul totale dell’Ucraina è dell’1,3% e della Russia di appena lo 0,5%, mentre le esportazioni nazionali raggiungono i 52 miliardi di euro e Russia e Ucraina pesano rispettivamente 1,3% e 0,7% del totale” ha detto Di Tullio.

Export e consumi interni dopo la pandemia

“Si tratta di incidenze che non compromettono le nostre brillanti performance sull’estero” ha aggiunto la manager. L’export agroalimentare italiano è infatti cresciuto del +15% nel 2021/2019 e addirittura del +35% nel 2021/2016, registrando un surplus nella bilancia commerciale 2021 di 3,5 miliardi euro.  Meno brillanti, invece, i numeri dei consumi food&beverage interni, con una significativa flessione del 7% nel 2021 rispetto al 2019, legata al forte impatto sull’Horeca della pandemia ed a un non completo recupero dei consumi fuori casa.

Come cambiano le abitudini di consumo degli italiani 

Nel 2022 cresce sensibilmente l’inflazione (+6,2% l’indice generale di aprile 2022 rispetto allo stesso mese del 2021), con aumenti che riguardano in primis abitazione, acqua, elettricità e consumi (+26,9%)e trasporti (+9%), seguiti dagli alimentari e bevande analcoliche (+6,7%).
Conclude Di Tullio: “La perdita di potere d’acquisto delle famiglie intaccherà marginalmente i consumi alimentari domestici anche se è attesa una razionalizzazione della spesa, con contrazione degli sprechi e grande attenzione al prezzo. Ma limiterà di molto i comportamenti degli italiani che si dichiarano pronti a rinunciare a viaggi (23%) e consumi fuori casa (21%), ritardano così ulteriormente la ripresa dell’Horeca”.

Second hand, un business che in Italia vale 24 miliardi

Cose da buttare, di nessun valore? Assolutamente no: gli oggetti di seconda mano, quelli che hanno già una vita alle spalle, sono un’autentica miniera d’oro. Lo rivela l’ottava edizione dell’Osservatorio Second Hand Economy condotto da Bva Doxa per Subito, piattaforma per vendere e comprare in modo sostenibile, che ha analizzato comportamenti e motivazioni degli italiani rispetto alla compravendita dell’usato. Tra l’altro, il 2021 segna lo sdoganamento a tutti gli effetti della second hand, che entra a pieno titolo tra i comportamenti di consumo abituali degli Italiani, grazie al boost del digitale che contribuisce a rendere questa forma di compravendita più assimilabile all’esperienza del percorso d’acquisto dell’e-commerce. 

Sono 23 milioni gli italiani che la scelgono

Sono infatti quasi 23 milioni gli italiani che hanno scelto questa forma di economia circolare e il 66% di chi ha comprato ha guardato alla second hand come primo canale di riferimento, dimostrando, specialmente per le vendite, in crescita rispetto all’anno precedente, di considerare questa modalità come un modo smart di fare spazio, dare valore agli oggetti e guadagnare. Il tutto all’insegna della sostenibilità, che rimane il primo valore di riferimento dell’economia dell’usato (54%). La second hand in Italia nel 2021, riferisce una nota ripresa da Adnkronos, ha generato un valore economico di 24 miliardi di euro, pari all’1,4% del Pil nazionale. La spinta più significativa deriva dal volume degli affari online che costituisce quasi il 50% del totale (49%) ed è passato da 5,4 miliardi di euro nel 2014 a 11,8 nel 2021, con una crescita netta di 1 miliardo di euro anno su anno. È quindi proprio grazie all’online che il valore totale della second hand nel 2021 è tornato a livelli pre-pandemia (24 miliardi nel 2019, 23 nel 2020). 

Sostenibile è bello

La second hand mantiene il terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%), con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 per Laureati (68%), Gen Z (66%), 35-44 anni (70%) e Famiglie con bambini (68%). “La second hand economy nel 2021 entra a tutti gli effetti tra le abitudini di consumo degli Italiani, grazie anche al ruolo propulsivo del digitale, che si è evoluto attraverso l’introduzione di servizi sempre più integrati, che consentono di gestire la compravendita totalmente da smartphone, senza muoversi da casa. Subito, ad esempio, ha sviluppato il servizio Tuttosubito, che permette di comprare e vendere a distanza e in sicurezza, offrendo una customer experience sempre più simile all’e-commerce” ha commentato Giuseppe Pasceri, ceo di Subito. “Siamo quindi orgogliosi di poter contribuire all’evoluzione di questo mercato e di promuoverne i valori in Italia, dove siamo presenti da 15 anni e dove da otto conduciamo questo Osservatorio insieme a Bva Doxa proprio per raccontare valore economico, tendenze e comportamenti di questo mercato così importante per le persone, per il Paese e per il Pianeta”.

Come fare un bucato perfetto, economico ed ecosostenibile? 

Non usate le lavanderie a secco, lavate meno, usate prodotti ecosostenibili, optate sempre per il ciclo di 30 minuti (e usate la centrifuga al massimo dei giri), tornate allo stendino, fate durare i vestiti il più a lungo possibile, acquistate consapevolmente, scegliete elettrodomestici ad alta efficienza energetica, e lavate tutto in un unico giorno. Sono i 9 consigli di Patric Richardson per un lavaggio più veloce, più economico ed ecologico. Insomma, per un bucato perfetto. Nel suo libro La magia del bucato, uscito in Italia da Vallardi, Richardson sfata anche alcuni miti sul bucato, come ad esempio, l’uso della candeggina per sbiancare, che al contrario, è responsabile proprio dell’ingiallimento dei capi bianchi. Oltre a essere dannosa per la salute e l’ambiente.

Lavare meno e usare prodotti ecosostenibili

Il primo consiglio però è quello di non usare mai più le lavanderie a secco: i lavaggi a secco danneggiano abiti, salute e ambiente. E poi lavare meno: sarebbe sufficiente fare prendere aria ai vestiti, o dargli una passata veloce di ferro a vapore, o spruzzarlo di vodka per eliminare gli odori. Non lavare se non è necessario farà risparmiare acqua, energie e tempo. Inoltre, usare prodotti ecosostenibili ed eliminare ammorbidente, foglietti per asciugatrice, profumatori per bucato, e candeggina: diffondono sostanze tossiche nell’atmosfera, dannose per l’ambiente e la salute.
Meglio il sapone in scaglie di ottima qualità e di origine vegetale, e per le macchie, meglio usare prodotti casalinghi come alcol al 70% e aceto.

Ciclo breve, e poi stendere all’aria
Optare sempre per il ciclo di 30 minuti, e usare la centrifuga al massimo dei giri: questo permetterà di risparmiare acqua ed elettricità, e di ottenere risultati migliori. Se l’acqua nel cestello è di meno si puliscono meglio i vestiti, e per assurdo la centrifuga rapida procura meno strappi e danni rispetto a un ciclo più lento. E poi tornare allo stendino: stendere il bucato all’aria piuttosto che usare l’asciugatrice è meglio per i capi stessi. Quasi nessun tessuto resiste a più di cinquanta cicli di asciugatrice e lavatrice, e se si elimina il passaggio in asciugatrice si allunga la vita ai capi e si risparmino un sacco di soldi.

Serve davvero l’ennesimo maglione nero a collo alto? Forse no

Valutare attentamente ogni acquisto: serve davvero l’ennesimo maglione nero a collo alto? Forse no. E se sì, sostenere marchi che pagano il giusto i lavoratori, si impegnano per tutelare l’ambiente, riducono o eliminano sprechi e inquinamento, e usano fibre naturali, che sono tutte risorse rinnovabili. Non come i tessuti sintetici, riporta Ansa, che rilasciano microplastiche negli oceani, inquinandoli. Valutare anche l’idea di riciclare i capi smessi, o regalarli a un’organizzazione no-profit. E in caso si abbia intenzione di comprare una nuova lavatrice, che sia ad alta efficienza energetica: consuma meno acqua ed energia  Ultimo consiglio: stabilire una giornata unica per il bucato significa anche non doverci pensare per tutta la settimana successiva. Un regalo inestimabile.

Il 37% degli italiani pensa di cambiare lavoro

Il mondo del lavoro cambia, anche perchè “Non si può cancellare l’esperienza vissuta e l’impatto che gli ultimi due anni continueranno ad avere sul mercato del lavoro, poichè flessibilità e benessere sono diventati elementi non negoziabili per i dipendenti”. Sono solo alcune delle parole espresse da Jared Spataro, Corporate Vice President, Modern Work, Microsoft, nel presentare i dati della nuova edizione del Work Trend Index di Microsoft. “Accogliendo e rispondendo in modo proattivo a queste nuove aspettative, le aziende hanno la possibilità di ripensare l’impostazione del proprio business e il ruolo dei dipendenti per raggiungere obiettivi di successo in un orizzonte di lungo termine”.

Cosa si vuole dal lavoro?

I dipendenti hanno seguito negli ultimi due anni una nuova visione di ciò che vogliono dal lavoro e cosa sono disposte a sacrificare per esso, riferisce Italpress. L’indagine di Microsoft sottolinea fortemente questa tendenza. Con il 54% degli italiani ora più propensi a dare priorità alla propria salute e al proprio benessere rispetto al lavoro. Questo trend trova anche riscontro nel dato sugli intervistati che l’anno scorso hanno lasciato il lavoro. Il 17% in Italia, quasi uno su cinque. Il cosiddetto “Great Reshuffle” è tutt’altro che concluso e interessa anche il Belpaese anche se in misura leggermente inferiore che a livello globale: il 37% dei lavoratori dichiara che probabilmente prenderà in considerazione un nuovo lavoro nel prossimo anno (a livello globale è il 43%). Ecco perchè è più importante che mai chi i manager sappiano agire a protezione della produttività aziendale. Senza però trascurare i problemi e le richieste dei dipendenti. Per esempio, nonostante l’innegabile desiderio di flessibilità che traspare dalla ricerca (il 41% dei lavoratori considera di passare a modalità di lavoro remote o ibride nel prossimo anno), il 47% dei dirigenti italiani sostiene che la propria azienda prevede un rientro a tempo pieno in ufficio nel 2022.

La sfida per i leader

La sfida per i leader è quella di motivare i dipendenti a tornare anche in ufficio, trovando nuovi stimoli e opportunità. Infatti, oggi il 33% dei lavoratori “ibridi” in Italia trova difficile capire quando e perchè lavorare dall’ufficio. Solo il 27% dei dirigenti italiani ha pattuito nuovi accordi aziendali per il lavoro ibrido. Queste nuove norme dovranno garantire che lo spazio dell’ufficio sia arricchente per i dipendenti, aiutandoli a sentirsi parte dell’azienda. Inoltre è interessante che il 46% dei dipendenti in Italia si dichiara aperto a sfruttare anche spazi digitali immersivi nel metaverso per future riunioni.
L’analisi dei dati di produttività in Microsoft 365 dimostra che le riunioni e le chat sono in aumento. Spesso estendendosi oltre il tradizionale orario lavorativo. Infatti, la media settimanale di tempo trascorso in riunioni su Teams a livello globale è aumentata del 252% da marzo 2020, e il lavoro extra-time e nel fine settimana è cresciuto rispettivamente del 28% e del 14%.

Cresce la fiducia in aziende farmaceutiche, banche e Governi

In tutto il mondo si registra un aumento del clima di fiducia. Oggi aziende farmaceutiche, banche e Governi sono considerati più affidabili rispetto a tre anni fa. Secondo il Global Trustworthiness Monitor di Ipsos, il 31% degli intervistati considera le aziende farmaceutiche degne di fiducia, percentuale in aumento rispetto al 25% registrato nel 2018, il 28% ritiene le banche maggiormente affidabili rispetto a tre anni fa (20%), e il livello di fiducia nel proprio Governo è passato dal 14% del 2018 al 20%. Una spiegazione di questo miglioramento potrebbe essere data dal modo in cui questi settori hanno agito durante la pandemia.
Al contrario, l’affidabilità delle aziende tecnologiche diminuisce, passando dal 38% al 34%, nonostante continui a classificarsi come il settore maggiormente affidabile tra quelli presi in considerazione da Ipsos.

In Italia aziende automobilistiche al terzo posto 

In generale, l’Italia registra percentuali simili a quelle internazionali, con le aziende tecnologiche posizionate al primo posto della classifica (36%), ma in crescita del +2% rispetto alla media internazionale di chi le ritiene affidabili.
A seguire, con la medesima percentuale internazionale (31%), gli italiani ripongono fiducia nelle aziende farmaceutiche. Ma a differenza della media internazionale, che pone le banche come settore maggiormente affidabile (28%) dopo aziende tecnologiche e farmaceutiche, in Italia il terzo posto è occupato dalle aziende automobilistiche (24%).
Le banche invece si collocano al 6° posto (21%), dopo i servizi pubblici (23%) e il Governo (22%)

Negli Usa credono meno alle aziende tecnologiche

Nonostante siano la patria di molte delle principali aziende tecnologiche del mondo, gli Stati Uniti sono uno dei pochi Paesi in cui gli intervistati sono più propensi a ritenere le aziende tecnologiche inaffidabili (29%) che affidabili (27%).
Gli Stati Uniti mostrano la più grande percentuale di disaccordo sul fatto che le aziende del settore tecnologico lavorino per prevenire la diffusione di false informazioni (31%), il che può influenzare le opinioni sull’affidabilità del settore stesso. I cileni invece si distinguono per la loro opinione sulle aziende farmaceutiche: soltanto il 12% le ritiene affidabili, mentre il 58% le giudica inaffidabili.
Gli intervistati in Cina mostrano opinioni particolarmente positive nei confronti delle banche, con quasi due terzi (63%) che le considera affidabili rispetto all’11% che le ritiene inaffidabili.

Giornali, radio, televisione restano i media più affidabili

Lo studio Ipsos evidenzia anche un minor livello di fiducia nei media, sia a livello internazionale (soltanto il 19% degli intervistati li ritiene affidabili), sia italiano (14%). In media, a livello internazionale, le fonti di notizie più affidabili per fornire informazioni accurate su politica e attualità sono giornali, radio, televisione), così come i giornali online/siti/app di notizie, mentre la fiducia in altre fonti digitali è più bassa. Anche in Italia la maggioranza degli intervistati afferma di informarsi tramite la televisione (56%) e giornali online/siti/app di notizie (43%). Soltanto il 23% degli italiani dichiara di utilizzare i social media come fonte di informazione, la percentuale più bassa tra tutti i 29 Paesi esaminati.

Black Friday: come difendersi dai cattivi affari

Il Black Friday è una tradizione di origine statunitense che si celebra l’ultimo venerdì di novembre. Di fatto, è il giorno in cui i prezzi dei prodotti al dettaglio subiscono una diminuzione. Ma dopo il Black Friday le catene dell’elettronica hanno inventato il Cyrber Monday, il lunedì successivo al ‘venerdì nero’ dedicato ai supersconti sui prodotti tech. In realtà però ormai il Black Friday si è allungato a un’intera settimana, perché limitare gli sconti a un paio di giorni taglierebbe fuori dalla ‘festa del consumismo occidentale’ tanti potenziali consumatori. Come spiega laleggepertutti.it non sempre però gli sconti sono ‘veri’ sconti, e non sempre si fanno ottimi affari. Quindi, come difendersi da truffe, raggiri e problemi legali?

Se lo sconto è falso si può segnalare all’Antitrust

Di cosa sia il Black Friday lo sanno tutti: saldi mondiali, dove la maggior parte degli acquisti avverrà online. E ciò a dimostrazione di come le leggi sui saldi non servano più a nulla. Purtroppo infatti non sempre i prezzi sono quelli scontati, ma il consumatore non ha modo di fare il confronto, perché non conosce il vero prezzo di partenza. Non ci vuole nulla a dire che su un certo prodotto viene praticato uno sconto del 30% e da 100 euro si arriva a 70 euro. Per gli acquisti online però c’è una soluzione. Si può accedere alle versioni precedenti dei siti internet usando la funzione copia cache presente sui motori di ricerca. E se lo sconto è falso si può fare una segnalazione all’Antitrust.

Quando l’offerta irripetibile dura tutto l’anno

Non farsi abbindolare dalle offerte irripetibili con il conto alla rovescia, come se non ci fosse più possibilità di approfittarne. Ad esempio, Poltronesofà è stata multata dall’Antitrust perché proponeva promozioni per un periodo limitato che duravano però tutto l’anno e anche l’anno dopo, e quello dopo ancora. Insomma, sconti eterni. Pertanto se non si vuole comprare durante il Black Friday basta ricordare che dopo poco ci sarà il Cyber Monday, dopodomani ci saranno i saldi, il giorno dopo ancora la specifica promozione di quello quell’altro negozio, per uno sconto continuo. Di fatto, gli sconti non sono più occasione ma quotidianità.

Approfittare delle norme a tutela del consumatore

Anche comprare online con gli sconti dà il diritto di recesso, esercitabile entro 14 giorni dall’acquisto. È quindi sempre possibile cambiare il prodotto acquistato online e riavere i soldi, e non un semplice buono acquisto. A maggior ragione per la garanzia: un prodotto scontato non significa che debba essere mal funzionante, si ha diritto a un prodotto che valga quanto uno a prezzo pieno. Queste norme a tutela del consumatore però valgono solo in Europa. Il diritto di recesso non spetta se si compra su un potale che ha sede, ad esempio, in Cina. E ricordare che far valere i propri diritti in ambito Ue è semplice, ma può diventare impossibile al di fuori del nostro Continente.

Le tendenze per il food nel 2021, dai climatariani ai super frutti dell’Amazzonia

L’emergenza sanitaria ha ridefinito molti settori economici, compreso quello alimentare, cambiando i paradigmi e le scelte di milioni di persone. Una ricerca americana dell’International Food Information Council pubblicata su Forbes mostra come il 54% dei consumatori nel 2020 abbia deciso di adottare un’alimentazione più sana rispetto a dieci anni fa. E secondo l’indagine di Innova Marketing Insights, pubblicata su Food Industry Executive, nei prossimi anni aumenteranno i consumi legati ai cibi plant-based. Quanto all’anno appena iniziato, la testata americana Glipsecorp ha individuato i 10 trend principali legati al food per il 2021. Primo fra tutti, il ritorno dei “climatariani”, coloro che seguono una dieta indicata per combattere il cambiamento climatico.

Insetti e fitonutrienti per migliorare le funzioni immunitarie

I cibi del futuro però saranno a base di insetti, fonte di proteine più sostenibili. Minor impatto ambientale e alto valore nutrizionale sono le caratteristiche che hanno permesso lo “sdoganamento” degli insetti da parte della European Food Safety Authority. Da una ricerca di Dealroom, pubblicata su Bloomberg, è emerso che si tratterà di un business dagli oltre 4,1 miliardi di dollari entro il 2025. Tra le principali tendenze alimentari del 2021 figura anche quella dei fitonutrienti, composti vegetali ricchi di proteine e vitamine, ideali per migliorare le funzioni immunitarie. Tanto che secondo una ricerca di Businesswire entro il 2023 il loro consumo raggiungerà 24 miliardi di dollari.

Dai super fruit al foraging, rimettersi in forma dopo i lockdown

Quanto ai super cibi sono in arrivo i super-frutti dell’Amazzonia, come buriti e camu-camu, ricchi di vitamina A e C, e minerali come ferro e calcio, utili per rimettersi in forma dopo i lockdown. Aumenterà anche la richiesta di cibi ad alto contenuto di vitamina D, magnesio, probiotici: secondo un sondaggio di Innova Market Insights 3 consumatori su 5 sono alla ricerca di alimenti che possano aiutare la salute mentale e garantire una migliore qualità del sonno. Non è tutto, perché spopolerà anche la pratica del foraging, ovvero raccogliere piante e ingredienti nei boschi e lungo i fiumi, una pratica sempre più frequente anche nel post pandemia.

Packaging alternativo e cibo intelligente

Oltre al boom del biologico, e la crescita costante del food delivery, l’emergenza sanitaria ha aumentato anche la necessità di trasparenza delle aziende nei confronti dei consumatori, che presteranno molta più attenzione all’origine dei prodotti. Importante sarà anche utilizzare un packaging alternativo alla plastica, che secondo Market Allied Research aumenterà del 12,4% entro il 2022. Un ulteriore trend sarà la digitalizzazione della catena alimentare. Come? Grazie alla presenza di cibi interamente creati da intelligenze artificiali, almeno, secondo una ricerca riportata da Today. 

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